Una buona notizia

Il Tribunale di Roma ha riconosciuto la protezione sussidiaria a un assistito della Clinica di nazionalità maliana. Il ricorso è stato predisposto dagli studenti e dalle studentesse della clinica sotto la supervisione e il coordinamento degli avvocati.

La Commissione territoriale aveva relegato le motivazioni addotte dal richiedente alla sfera privata e familiare, ritenendole quindi estranee alla protezione internazionale. La Commissione aveva inoltre ritenuto il paese di provenienza sicuro in quanto non  interessato da fenomeni di violenza generalizzata.

Il Tribunale ha invece ritenuto meritevole di accoglimento la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria con riferimento all’ipotesi di minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno od internazionale, disciplinata dall’art. 14 d.lgs n. 251 del 2007, stante la particolare gravità della situazione del Paese di origine del ricorrente. Facendo lev sulle più accreditate fonti internazionali, la giudice ha considerato il Mali un contesto caratterizzato da violenza generalizzata, aggravatasi per di più negli ultimi mesi e in continuo peggioramento, che coinvolge in particolare anche la regione in cui si trova il villaggio natale del ricorrente.

Alla luce della particolare vicenda del ricorrente, il Tribunale si sofferma anche sull’eventuale possibilità di fare rientro in un diverso Paese, di origine del padre, valutando tale ipotesi alla luce del percorso di vita e dell’integrazione sociale raggiunta dall’interessato in Italia. La giudice analizza tale ipotesi alla luce secondo i canoni interpretativi offerti dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4455 del 2018, e in particolare rispetto all’effettivo godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, tutelati dall’art. 2 Cost, statuendo che: «anche ove si valutasse la domanda di protezione del sig. con riferimento alla situazione del Paese paterno, andrebbe comunque assicurata l’accoglienza del ricorrente, nel rispetto dei doveri sanciti dall’art. 10 Cost., nella forma della protezione umanitaria, ai sensi dell’art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286 del 1998, nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte dal d.l. 4/10/2018, n. 113, convertito, con modificazioni nella legge n. 132 del 2018, avendo egli proposto domanda di protezione internazionale prima dell’entrata in vigore di tali modifiche (vedi Cass. S.U. n. 29460 del 2019)»

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