La sezione specializzata del Tribunale di Roma ha accolto due ricorsi d’urgenza ex 700 c.p.c. in tema di iscrizione anagrafica nella popolazione residente del Comune di Roma di due richiedenti asilo, assistiti dalla Clinica. Il Tribunale conferma quindi l’orientamento assunto in precedenza in diverse decisioni – di cui la prima a seguito di un ricorso d’urgenza della Clinica – e un’interpretazione diffusa nei Tribunali di merito italiani.
Secondo la giudice di Roma, l’unica interpretazione ammissibile dell’art. 13 del d.l. 113/18 (c.d. Decreto sicurezza), che lo renda coerente con i dettami costituzionali, è quella per cui la «norma, nel prevedere che il permesso di soggiorno per richiesta asilo “non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989 e dell’art. 6 , comma 7 del d.lvo 25 luglio 1988 n. 286”, abbia abrogato la procedura semplificata di iscrizione di cui all’art. 5 bis, senza incidere sul diritto ad iscriversi».
La mancata iscrizione anagrafica nel comune di residenza, infatti, si legge, «preclude l’esercizio di diritti di rilievo costituzionale» con il rischio di «arrecare pregiudizio al diritto fondamentale alla salute (non potendosi affermare che l’accesso alla medicina di urgenza – garantito a tutti gli stranieri comunque presenti sul territorio – possa essere equiparato alle prestazioni offerte con maggiore continuità da un medico curante, nel caso di persona affetta da più malattie croniche)». Inoltre, ricorda la giudice di Roma, «l’iscrizione anagrafica condiziona un’ampia serie di facoltà tutte esplicative di diritti della persona», tra cui l’accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro, la richiesta di un numero di partita I.V.A., la determinazione del valore ISEE per poter accedere alle prestazioni sociali agevolate, la decorrenza del termine per la concessione della cittadinanza italiana e per il permesso UE per soggiornanti di lungo periodo, nonché il rilascio della patente di guida.
Per queste ragioni, in entrambi i casi, il Tribunale accoglie il ricorso e ordina a Roma Capitale di procedere alla iscrizione della ricorrente nel registro anagrafico della popolazione residente nel Comune di Roma.